Basta copiare ed incollare l'appello e spedirlo a quest'indirizzo:
info@messinasenzaponte.itAPPELLO PER UN INVITO AL RIPENSAMENTO
Realizzare sullo Stretto di Messina il ponte a campata unica più lungo del mondo ha rappresentato per molti anni, per molti politici di ogni schieramento e in particolare per questo Governo, la suggestione di scrivere una nuova pagina della storia delle grandi imprese umane. Solo grazie a questo mito, il progetto ha resistito agli esiti prevalentemente negativi di analisi economiche, trasportistiche e ambientali redatte anche per conto dei Ministeri preposti, all’assenza di certezze sulla stessa fattibilità tecnica dell'opera e al fatto che essa assorbirà ingenti risorse altrimenti destinabili alle tante necessità infrastrutturali del meridione.
Ora, però, mentre slitta il termine per la presentazione delle offerte per l'appalto, non è più possibile ignorare il fallimento del piano finanziario dell'opera, chiaro indice di un progetto sbagliato e di un mito illusorio. La delibera CIPE del 1 agosto 2003 aveva stabilito che l’opera dovesse essere eseguita “con finanziamenti da reperire sui mercati internazionali senza garanzie da parte dello Stato”. Ma sull'ipotesi di rischiare in proprio, nessuna impresa si è fatta avanti. Per questo motivo, il Governo ha fatto ricorso ad un meccanismo molto criticabile, sia nella sostanza, perché è stata completamente sovvertita la decisione del CIPE, sia nella forma, perché non ne è stata data nessuna notizia all’opinione pubblica: il Ministero delle Infrastrutture, in data 30 dicembre 2003, ha firmato un contratto con la società concessionaria Stretto di Messina, accollando il 50% dei costi preventivati alle Ferrovie dello Stato, garantendo il 100% dei costi imprevisti e la totalità dei rischi di gestione senza alcun tetto di spesa, e assicurando, al termine della concessione trentennale, che il Ponte sarà acquistato dallo Stato. Una formula assai generosa, che impegna anche le future generazioni. Malgrado ciò, alla scadenza della prequalificazione si sono presentate in tutto 5 imprese. Una è stata scartata perché soggetta ad indagine per mafia e un’altra perché non aveva i requisiti tecnici. Delle 3 imprese qualificate, una ha già dichiarato di non essere più interessata. Nessun gruppo estero in campo: sono rimaste due sole imprese, ambedue italiane, una delle quali è in fase di profondo riassetto finanziario ed azionario.
Sono, così, venuti a mancare i presupposti per una vera competizione internazionale, e si fanno concreti i rischi tipici degli affidamenti diretti: dalla dilatazione dei tempi di realizzazione, all'incertezza sul costo effettivo dell'opera e sulle tariffe di utilizzo. Rischi che, in questo caso, possono tradursi facilmente in un'opera incompiuta e in un grande sperpero di danaro pubblico.
Lontani da qualsiasi intento di strumentalità politica, rivolgiamo al Governo e alle Regioni Calabria e Sicilia, un appello al ripensamento che non sarebbe disonorevole: convertire le risorse previste per il Ponte in un programma di infrastrutture per il mezzogiorno secondo reali e urgenti priorità, costituirebbe, anzi, prova di buongoverno e correttezza.
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