Ciao Andrea. Espongo la mia esperienza accanto alla tua. Evidentemente sono fondamentali i luoghi di vita ed appartenenza. Nel mio caso, i discorsi che sentivo da bambino (io ho 40 anni) nel contesto in cui io vivevo e negli ambienti in cui ero immerso nella mia piccola città di Udine, presentavano quelli che non mangiavano gli animali (e non parlo dei "vegani", la cui parola - trovo conferma con quanto esponi - credo neppure esistesse nelle cognizioni e nel lessico dell'udinese medio) persone problematiche, personaggi strambi ed eccentrici. Ho saputo in seguito che c'erano delle cerchie di persone vegane, chiuse in loro stesse e che frequentavano un circolo che poi si è estinto.
Però ho anche in mente un amica che è vegana dalla nascita, non per educazione, ma per rifiuto da sempre delle proteine animali, che da ragazza è scappata di casa e ha vissuto gli albori della stagione punk, prima a Londra e a poi a Milano. Ha militato per anni contro la cultura della carne e della violenza sugli animali. Nei suoi racconti mi parla di ambienti metropolitani, in cui il termine vegan, in relazione alle ragioni etiche fondative, si è diffuso e si è sviluppato nella sua filosofia. Il popolino delle piccole città ha avuto pochi riferimenti. I più colti, i simil Vespa, leggevano articoletti di psicologi freddi e saccenti. Guarda per esempio uno postato solo nel 2005, anni in cui si tentava il termine "vegetaliano" (che in Italia ha poco attecchito, differentemente per esempio dalla Francia, dove mi piace che la parola vegan, letto alla francese, riporti quasi esclusivamente a ragioni etiche).
http://www.psicolinea.it/ortoressia/Incredibile come molte tra le persone in grado dieci anni fa' di pensare ed esprimere certe considerazioni, oggi non se ne azzarderebbero....
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